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Pink Society

lo sguardo rosa sulla società

Arte in “error system”: perchè non prendere esempio da altri Paesi?

L’Italia non è un Paese per artisti?

Lydia ha appena 3 anni quando, decisa, comunica ai suoi genitori: “Da grande, farò la ballerina”.

Da lì, – racconta a PinkSociety – non smisi mai di lottare. Non è sempre stato semplice. Dopo aver iniziato a studiare danza in una piccola città siciliana con Edvige e Gianni Martino, a 15 anni sono partita per terminare i miei studi, sia danza che scuola, in un Paese che non era il mio con una lingua che non era la mia. Erano tanti i momenti di sconforto, ma nella mia bilancia, la danza aveva sempre un peso maggiore. Così, cominciarono le audizioni e le prime vere soddisfazioni dopo anni di impegno continuo. Rudra Béjart poi Grand Théâtre de Genève in Svizzera, LaMov in Spagna, e poi di nuovo in Svizzera nella compagnia dove mi trovo da 8 anni. In realtà la mia storia è una storia comune tra i ballerini professionisti. Si va via da ragazzini e in un paio d’anni parli già 4 lingue, vivi immersa fra tante culture diverse, hai amici in ogni parte del mondo, ti abitui a lasciar andare via tutte le persone a cui ti affezioni e vivi lontano dalla famiglia…e sempre e solo per la danza. E ne vale la pena, è una bella e difficile vita la nostra. Sempre di fronte a noi stessi, alle nostre insicurezze, ma con una dedizione unica“.

L’anno della pandemia non ha fermato Lydia Caruso e gli artisti che, come lei, vivono ed esprimono la loro arte fuori dall’Italia. “Qui in Svizzera, ma anche in genere nel Nord Europa, gli artisti sono trattati con rispetto e ammirazione. Al nostro pubblico piace molto interagire, anche al di fuori degli spettacoli, con tanta voglia di conoscerci e sostenerci. Ovviamente, anche qui, ci sono sempre delle problematiche dal punto di vista economico. Però è possibile anche lottare per cambiare le cose. Il problema è che non si considera che la nostra è una carriera corta e per questo motivo dovrebbe essere remunerata di più rispetto ad altri lavori che si possono fare per tutta la vita. Posso dire che nel Nord Europa rispetto all’Italia, alla Spagna o alla Francia, gli stipendi sono di gran lunga superiori permettendo a noi ballerini di vivere bene. Questo non vuol dire che le cose non possano migliorare.” – racconta Lydia che , attraverso i social si è mostrata vicina ai suoi colleghi italiani, lanciando un accorato appello affinchè non si lasci morire l’Arte.

“E se in alcuni Paesi era ancora possibile sostenerla in qualche modo, allora perché non ovunque? Perché l’Italia ha deluso tutti gli artisti? Il teatro è un posto sicuro e lo sarà sempre… se non uccidiamo le speranze e i sogni dell’artista”

Scriveva così la ballerina in un post di qualche mese fa e sul punto ha aggiunto – “Purtroppo il mio pensiero sull’arte in Italia non è del tutto positivo. Il grande problema, a mio parere, è che non si educa all’arte. Se ad un bambino al posto di portarlo a teatro, lo si lascia ore ed ore davanti alla tv, questo bambino da grande perché mai vorrebbe andare a teatro con la sua famiglia? Ad esempio noi, al teatro di Basilea, abbiamo nel nostro team persone che si occupano di portare la danza nelle scuole. Come? È molto semplice. Invitando i bambini a venire a teatro, vedere come ci alleniamo, come prepariamo le coreografie, o anche con semplici giochi di memoria per imparare, ad esempio, la storia di un balletto. Il mio direttore, Richard Wherlock, lavora spesso anche con bambini ammalati di cancro, per donare un po’ di felicità e di gioia, perché l’arte cura. Questa è una grande verità. Questo è quello che forse in Italia si è un po’ dimenticato. L’arte non può essere presente solo in televisione, non si guarda attraverso uno schermo, e qualcosa più legata ai sentimenti e all’anima e vorrei gridarlo che SI VIVE DAL VIVO!! E soprattutto si coltiva, con pazienza, amore e dedizione. La percezione dell’arte qui è diversa. La danza è cambiata ed è in continuo cambiamento; a volte mi sembra che l’Italia sia un po’ indietro rispetto a questo. Ovviamente non ovunque, ci sono compagnie molto interessanti e di grande livello in Italia, ma hanno pochissimo supporto e questo è molto triste. Chi in Italia conosce l’Aterballetto e chi Amici? Mi piacerebbe che la risposta fosse la prima! E questo non perchè io voglia dire qualcosa contro la trasmissione, ma per sottolineare che il teatro dovrebbe essere messo più in luce in Italia”.

“Mi sento molto fortunata. – ha infine aggiunto Lydia – La mia vita è tutta un’emozione. La più grande, forse, quando sono stata ammessa a Rudra Béjart. Il mio sogno era quello di conoscere ed imparare dal grande Maestro Maurice Béjart. È stata una bella soddisfazione iniziare la mia vita da ballerina con lui. Poi Theater Basel, dove mi trovo attualmente, è per me motivo di grande orgoglio, una bellissima compagnia di 30 ballerini dai quali assorbo arte, ogni giorno, ed a contatto con i grandi coreografi della danza contemporanea dei nostri giorni”.

Lydia ci racconta che nel 2021 continuerà a lavorare come sempre, sperando che presto torni a ballare per un teatro sold out che non ha mai chiuso, permettendo così agli artisti di essere pronti per la riapertura. Quest’anno si celebrano inoltre i vent’anni del suo direttore al teatro di Basilea, per cui è in previsione una serata con 7 rinomati coreografi in tre diversi palchi all’interno del teatro. “Un’idea molto particolare che spero sarà possibile mettere in atto” – ha detto Lydia.

Come procede, invece, la vita dei ballerini in Italia?

L’intera filiera culturale italiana produce oltre il 16% del Pil del nostro Paese, eppure, per spesa pubblica destinata alla cultura, l’Italia è fra gli ultimi paesi europei. L’investimento in questo settore non raggiunge nemmeno l’1% del Pil. La pandemia ha portato tutti i nodi al pettine e la difficoltà di decenni sembra essere arrivata al limite. Così, impegnate in altro, le istituzioni non si stanno accorgendo che gli artisti stanno dando l’ultimo colpo di coda e nel tentativo di rendere consapevole tutto il Paese sulla loro condizione, cercano di trovare i giusti canali di comunicazione.

Un esempio? Danza Error System che tramite i contenuti denuncia questa realtà immotivata e ingiusta attraverso facebook e instagram.

Abbiamo intrapreso anche una serie di interlocuzioni con i Deputati e i Senatori che ci rappresentano, condividendo con loro l’assurdità della situazione attuale e proponendo soluzioni precise, attuabili e concrete. La cultura deve tornare ad essere un bene collettivo pubblico che educhi le emozioni della popolazione, e quindi i comportamenti, che zittisca l’odio e la rabbia, che includa e favorisca la socialità. Il teatro deve essere considerato il luogo di culto dell’umanità e l’arte e la danza devono essere protette, non uccise. Serve un maggior controllo sull’operato dei Sovrintendenti delle Fondazioni lirico-sinfoniche e sull’uso che questi fanno del denaro pubblico, facendo ricadere su di loro, e non sui lavoratori,
eventuali responsabilità legate al bilancio economico. Serve intraprendere un percorso di ricostituzione dei corpi di ballo, partendo dalla stabilizzazione dei danzatori precari facenti parte dei 4+1 corpi di ballo che sopravvivono fino a ricreare un corpo di ballo in ogni Fondazione, così come in ciascuna esistono un coro e un’orchestra. Servono più investimenti pubblici e soprattutto riforme normative che definiscano l’utilizzo di
questi fondi a favore dei danzatori e della produzione di balletto.
Il tutto, se voluto dalla classe politica, potrebbe essere attuato oggi più che mai grazie al fondi del Recovery Fund.
I danzatori sono in perenne lockdown. Sono sempre disoccupati o costretti ad espatriare. La situazione lavorativa ed economica creata dal covid non è altro che l’amplificazione di una realtà che i danzatori italiani vivono già da decenni. Adesso è il momento di cambiare. Ora o mai più. Il covid-19 ha fermato tutto, fino a che non si potrà ripartire. Peccato che noi non potremo ripartire, per noi tornare a prima del covid-19 non fa
alcuna differenza perché il depauperamento culturale all’interno della società e nelle vite di ognuno di noi è iniziato molto tempo prima dell’attuale pandemia. Il virus che ha colpito la danza non è il covid, è l’indifferenza della politica italiana. Danza Error System è la nostra voce, piena di coraggio, speranza, entusiasmo. Abbiamo obiettivi ambiziosi, sogni immensi e finchè non li realizzeremo non ci fermeremo! Finchè non sarà fatta giustizia continueremo a combattere!”

Il manifesto è il movente di tre danzatori professionisti, Andrea, Alessandro e Vito, per porre attenzione su un sistema, quello delle Fondazioni e dei corpi di ballo, che fa acqua da tutte le parti. Sul canale si alternano contenuti informativi, altri di denuncia, altri ancora di sensibilizzazione attraverso il coinvolgimento dei danzatori stessi.

La danza, oggi, è diventata un vero e proprio fenomeno di massa che coinvolge milioni di persone: allievi, danzatori professionisti, insegnanti, maîtres de ballet, scuole, coreografi, direttori, pubblico amante del balletto. “Ognuno di loro merita un posto e un valore nel nostro paese. Siamo così tanti che è inspiegabile il vuoto e il menefreghismo che negli ultimi decenni lo Stato italiano ci ha dimostrato. Siamo un’unica voce, forte e chiara.
Che i nostri interrogativi possano smuovere riflessioni, che i nostri appelli possano essere ascoltati. La danza non può e non deve essere più un ‘error system’. Noi abbiamo deciso di parlare e questo è il nostro grido!
” – aggiungono i tre danzatori.

“La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.”. Recita così l’art. 9 della nostra Costituzione.
In Italia esistono 14 Fondazioni lirico-sinfoniche, teatri eccellenze nel mondo: il Teatro Petruzzelli di Bari, il Teatro Comunale di Bologna, il Teatro Lirico di Cagliari, il Teatro Maggio Musicale Fiorentino, il Teatro Carlo Felice di Genova, il Teatro alla Scala di Milano, il Teatro San Carlo di Napoli, il Teatro Massimo di Palermo, l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia di Roma, il Teatro dell’Opera di Roma, il Teatro Regio di Torino, il Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste, il Teatro La Fenice di Venezia e l’Arena di Verona. Esistono 14 orchestre, 14 cori e solo 4+1 corpi di ballo. “Questa non è la conseguenza dell’attuale pandemia, – denunciano i ballerini – ma il risultato di decenni di errori”.

Lo scorso 18 febbraio, Mario Draghi ha, per la prima volta in assoluto nell’ultimo anno, nominato “la danza”, inserendola nel contesto in cui rifletteva: “La cultura va sostenuta, sui ristori va fatto di più!”. Forse qualcosa sta cambiando o perlomeno pare che i danzatori non siano stati ignorati, intanto il 23 febbraio 2021 tutti gli artisti hanno sottolineato e urlato a gran voce che da un anno esatto i teatri sono chiusi e i loro cuori imprigionati lì dentro. Dal 27 marzo, in zona gialla, finalmente, riapriranno i luoghi dedicati alla cultura ma incombe la paura che comunque il sistema di ‘convivenza Covid-19’ non regga.