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Paura o speranza per le donne afghane?

Tutto è incominciato con il progetto dell’ambasciatore afghano in Roma, Khaled Ahmad Zekriya che ha invitato i Comuni italiani ad innalzare la bandiera afghana, in occasione della Giornata Internazionale della Donna, in onore delle donne afghane.

L’idea dell’ambasciatore, uomo illuminato e convinto assertore dei diritti delle donne, è stata accolta favorevolmente da alcuni comuni, tra i quali quello di Pomigliano d’Arco (Napoli) e quello di Marino (Roma).

Ma quell’idea non è rimasta unica protagonista della giornata internazionale delle donne.
L’ambasciatore, nell’occasione, ha voluto presentare il libro scritto da Maria Clara Mussa e Daniel Papagni, “Exit tragedy, Pensare che volevamo la pace per l’Afghanistan”, edito da LoGisma, in cui la situazione delle donne afghane è raccontata con molti particolari.

Una raccolta di testimonianze e di immagini che rendono omaggio sia a coloro che nel corso dei venti anni di missione cosiddetta di pace hanno sacrificato la propria vita per contribuire a rendere il Paese meno disastrato, sia alle donne afghane che stanno subendo le peggiori angherie da parte dei talebani ora al governo.

Nel corso dei venti anni di missione, da molti ora considerati spesi inutilmente, vista l’attuale situazione che si è creata dopo l’abbandono del Paese da parte della Nato, gli autori hanno compiuto numerosi viaggi nel Paese degli aquiloni, sia embedded con i contingenti internazionali, sia unembedded, frequentando da vicino la popolazione afghana, condividendone le abitudini e le sofferenze.

E di questo, l’8 Marzo scorso, si è parlato nel corso dell’evento dal titolo “Paura o Speranza? Il futuro delle donne in Afghanistan sotto i Talebani”, fortemente voluto dall’ambasciatore Zekriya nella sede dell’ambasciata dell’Afghanistan in Roma, alla presenza di un folto pubblico e con la partecipazione di esperti e di relatori impegnati proprio sul tema dei diritti delle donne.

Moderatore dell’incontro, il generale Giuseppe Morabito, Membro del Direttorio della NATO Defence College Foundation ha invitato gli autori del libro ad esporre le proprie considerazioni e i propri timori sull’attuale situazione delle donne afghane, “… le nostre sorelle, alle quali è imposto il burqa e proibito di vivere, non hanno la possibilità di far sentire la propria voce; dobbiamo essere noi la loro voce e urlare per la loro libertà”, ha detto Mussa, “non bisogna smettere di parlare di loro, anche ora, anche se adesso i fatti tragici che avvengono in Ucraina sembrano superare in importanza ogni altro evento… dobbiamo ogni giorno sensibilizzare l’opinione pubblica, il mondo intero, sulla questione delle donne afghane”.

Anche Daniel Papagni ha raccontato la propria esperienza come reporter embedded e unembedded, sottolineando che “… il mestiere di reporter è quello di portare a casa il lavoro, le immagini di quello che accade… ma io so che se dovessi imbattermi in una situazione in cui un essere umano si trova in grave pericolo, non scatto la foto, ma lascio la macchina fotografica e corro in aiuto. È meglio un buon ricordo che una foto ricordo”.

“La donna ha un ruolo fondamentale in quei paesi lontani, una donna forte rende  l’uomo forte in un sistema che si enuclea nella società odierna”. Tra una fotografia e l’altra, il messaggio è chiaro “non lasciamo indietro nessuno”…
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