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Come Botticelli dipinse il più bel party people con forchetta

Non immortalò solo la Primavera e la Nascita di Venere. Ma anche uno tra i più ricchi e stilosi banchetti del Rinascimento: la peccaminosissima forchetta a due rebbi ne fu protagonista.

È il party più bello del Rinascimento, fu dipinto intorno al 1483, niente di meno che da Sandro Botticelli. Ritrae il pranzo di Nastagio degli Onesti (ve la ricordate l’ottava Novella della quinta giornata del Decamerone?) e fu commissionato da Lorenzo il Magnifico come dono di nozze per Giannozzo Pucci.

Il banchetto di Botticelli rappresenta la scena centrale dell’intera lunga storia d’amore con lieto fine. È ambientata in un prato cosparso si fiori e con frutti  tra le fronde degli alberi: è una vera propria parata di eleganza e ricchezza. È fatta di grazia, di stile, di profumi. Odora della sua splendida Primavera, di cose buone e di atmosfere esclusive. Soprattutto offre al nostro sguardo il mondo in cui viveva la corte di Lorenzo, circondata da tutto ciò che era più ricercato, più costoso, più glamour.  

Ma il colpo di genio in grado di tradurre il messaggio dello stile così esclusivo della corte granducale non sta nei tessuti ricamati, nelle sete, nella trasparenza dei veli delle dame; non sta neppure nei cristalli né nelle stoviglie d’oro zecchino. Perché la straordinarietà di quel mondo della Firenze del Rinascimento, che l’allievo di Verrocchio palesa davanti ai nostri occhi, sta tutta nelle piccole forchette in mano ai commensali.

Ebbene sì, è la forchetta la trovata più exotic-glam dell’opera di Botticelli!

La scena, la vediamo, è di un’eleganza super formale, dove coppieri e trincianti sono impegnati a coordinare il pranzo più spettacolare del mondo. Vi sono figurine slanciate, hanno movenze aggraziate, tipiche della magica sospensione tra favola e realtà. Soprattutto vi vengono ritratte dame e cavalieri seduti alla mensa immacolata, che reggono un’elegante forchetta a due denti.

La forchetta rappresenta il dettaglio dell’eleganza più assoluta, che sa coniugare ogni cosa con ricchezza, civiltà, stile, modernità. Strano ma vero: la civiltà moderna, non ha granché a che fare con il pomodoro, le patate e i fagioli del nuovo continente, ma con la forchetta che permette la diffusione della “nostra” pasta, alimento che sarà fondamentale ai più.

La forchetta influenzerà l’uso delle buone maniere a tavola, e gli storici la associano al diffondersi dell’uso della pasta, sia fresca sia secca. Ne abbiamo una prima testimonianza  in un testo della corte angioina di Napoli, dove si parla di uno strumento necessario a mangiare le lasagne, perché prenderle con le dita può essere scomodo e doloroso, oltre che non elegante: sono viscide e scottano!

L’uso della forchetta si diffonde lentamente e arriva da Bisanzio. Si diffonde a Venezia poi a Firenze, a Napoli, a Parigi, in Spagna. Ha un utilizzo molto esclusivo, almeno sino al 1750. Per una parte del clero l’uso della forchetta era una raffinatezza scandalosa e riprovevole, lussuosa e troppo costosa: ne fu interdetto l’uso nei conventi fino al 1700. San Pier Damiani la definì un “demoniaco oggetto” perché nell’immaginario cristiano era usata dal Diavolo: lanciò non poche invettive contro Teodora, sorella dell’imperatore bizantino Michele VII Ducas e moglie del doge Domenico Silvo, che introdusse a Venezia l’uso di forchettine d’oro.

Ora capiamo il perché Lorenzo il magnifico fece inserire nel banchetto ritratto da Botticelli le forchette in mano a pochi commensali. Perché  all’epoca era uno status symbol vero e proprio. È noto che alla corte di Lorenzo, insieme a cucchiai e coltelli, ve ne erano ben 56. Un tesoro immenso.

E non è tutto. Fu sempre attraverso i Medici che le forchette furono portate in Francia: Caterina le portò in dote alla corte di Francia… e le sue non erano forchette qualunque, furono disegnate niente di meno che da Benvenuto Cellini.

Si sa che l’imperatore Carlo V ne aveva una piccola collezione e che il Re Sole preferiva le dita alle posate; si convinse a usare la forchetta usarla soltanto quando la corte si trasferì a Versailles nel 1684.

Insomma, la Firenze del Rinascimento, che è capace di guidare la politica e la finanza internazionale, detta moda e fa tendenza, infischiandosene dei benpensanti e dei prelati che mangiavano con le mani. E visto che la pittura raffinata e colta di Botticelli ritrae così bene la bellezza ideale, la nobiltà e la cultura elitaria in tutte le sue sfaccettature, anche la forchetta, nelle sue opere,  ha un fascino e una bellezza tutta sua.