Fragilità ossea: tra gli over 50, 1 donna su 3 è a rischio frattura
- Le fratture da fragilità colpiscono in Italia 1 donna su 3 e 1 uomo su 5 tra gli over 50 secondo le Linee Guida “Diagnosi, stratificazione del rischio e continuità assistenziale delle Fratture da Fragilità” dell’ISS, in collaborazione con SIOT e altre Società scientifiche
- Le donne dai 50 agli 80 anni, a seguito di una prima frattura da fragilità, hanno un rischio di sviluppare una seconda frattura cinque volte maggiore entro l’anno successivo rispetto a coloro che non hanno subito fratture
- In occasione della Giornata Mondiale dell’Osteoporosi, la Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia, SIOT ribadisce l’importanza della diagnosi precoce per il trattamento dell’osteoporosi
Nel nostro Paese le fratture da fragilità colpiscono 1 donna su tre e 1 uomo su cinque tra gli over 50enni e, sebbene siano più frequenti tra le persone anziane, si stima che il 20% delle fratture avvenga in età di prepensionamento, come attestano le recenti Linee Guida “Diagnosi, stratificazione del rischio e continuità assistenziale delle Fratture da Fragilità” dell’Istituto Superiore di Sanità, in collaborazione con SIOT e altre Società scientifiche.
In occasione della Giornata Mondiale dell’Osteoporosi, la Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia, SIOT ribadisce l’importanza della diagnosi precoce per il trattamento dell’osteoporosi e raccomanda visite specialistiche alle donne over 50 e agli uomini dai 65 anni in su per valutare lo stato della propria salute ossea e prevenire la comparsa di fratture.
Come emerge nelle Linee Guida, è stato stimato che le fratture da fragilità siano responsabili di più di 9 milioni di fratture ogni anno in tutto il mondo (Curtis, 2017a; Elvey, 2014). Nel 2017, sempre secondo i dati, sono state stimate a livello mondiale 2,7 milioni di nuove fratture da fragilità, equivalenti a 7.332 fratture al giorno, 305 all’ora (Borgström, 2020). Nelle donne si è verificato quasi il doppio delle fratture (66%) e, in generale, le fratture del femore prossimale (collo del femore), delle vertebre e del polso/omero prossimale (spalla) hanno rappresentato rispettivamente il 19,6%, 15,5% e 17,9% di tutte le fratture.
“L’identificazione della fragilità scheletrica – spiega il Prof. Alberto Momoli, Presidente SIOT e Direttore UOC Ortopedia e Traumatologia Ospedale San Bortolo, Vicenza – è fondamentale per identificare il rischio di frattura del soggetto e applicare interventi terapeutici mirati e prevenire il peggioramento del quadro clinico. Per una valutazione del rischio di fragilità è fondamentale un’accurata anamnesi del paziente utile a identificare ulteriori fattori compromettenti la salute delle ossa: terapie farmacologiche o ulteriori patologie, possono compromettere la resistenza scheletrica peggiorando la fragilità dell’osso con inevitabile aumento del rischio di frattura”.
Se la protezione della salute delle ossa inizia sin dall’infanzia con una corretta alimentazione, ricca di calcio e vitamina D e uno stile di vita attivo che comprenda un’adeguata attività fisica, le stesse indicazioni valgono anche da adulti: mantenere una buona densità ossea e prevenire il rischio di fratture soprattutto nell’età considerata più a rischio, in menopausa e post menopausa per le donne e senile per gli uomini. In tarda età un giusto movimento, uno sport aerobico leggero e un allenamento propriocettivo, insieme ad una corretta alimentazione possono intervenire a beneficio della perdita di forza muscolare, ridotta coordinazione dei movimenti e inevitabile rischio di caduta. In Italia, secondo le Linee Guida si stima che la prevalenza dei soggetti con osteoporosi ultra 50enni corrisponda al 23,1% nelle donne – il cui numero è aumentato del 14.3% dal 2010 al 2020 (Piscitelli, 2014) – e al 7,0% negli uomini (International Osteoporosis Foundation, 2018b).
“Una corretta valutazione della fragilità ossea attraverso specifici esami del sangue e la mineralometria ossea computerizzata, MOC – prosegue Alberto Momoli – permette quindi di identificare precocemente i soggetti ad alto rischio di sviluppare esiti negativi, consentendo l’implementazione tempestiva di contromisure preventive/terapeutiche. Inoltre, ci sono diverse condizioni, come quelle infiammatorie o il trattamento con farmaci glucocorticoidi, che risultano essere molto importanti nella valutazione della fragilità ossea, in quanto riducono la forza ossea e aumentano il rischio di frattura. Riguardo il trattamento, esistono diverse opzioni terapeutiche efficaci che possono variare a seconda della gravità del caso, dei fattori di rischio e della presenza di altre patologie. È importante rivolgersi sempre a uno specialista, che saprà indicare il trattamento più adatto per ogni singolo individuo”.
I fattori di rischio dell’osteoporosi però non sono solo l’età e il sesso, anche una precedente frattura da fragilità è, per entrambi i sessi, un importante campanello d’allarme per ulteriori fratture. Gli individui che hanno già subito una frattura da fragilità sono maggiormente a rischio di ulteriori fratture sia nello stesso sito che in un altro sito osseo; inoltre, il rischio aumenta al crescere del numero e della severità delle precedenti fratture. In generale, le donne dai 50 agli 80 anni, a seguito di una prima frattura da fragilità, hanno un maggior rischio di sviluppare una seconda frattura cinque volte maggiore entro l’anno rispetto a coloro che non hanno avuto una precedente frattura (van Geel, 2009) o nei due anni successivi (International Osteoporosis Foundation, 2018a). Nonostante ciò, il 60-85% delle donne over 50 con osteoporosi non riceve un trattamento.
“La prevenzione delle rifratture da fragilità – evidenzia il Prof. Umberto Tarantino, Coordinatore della Commissione SIOT per la Fragilità Ossea e Professore Ordinario di Malattie Apparato Locomotore; U.O.C. Ortopedia e Traumatologia, Policlinico Tor Vergata – inizia con l’identificazione dei pazienti a cui è stata diagnosticata una prima frattura. Infatti, conoscere l’anamnesi del paziente, la diagnosi appropriata e la procedura terapeutica risulta essenziale per il trattamento della fragilità ossea e, di conseguenza, per ridurre il rischio di ulteriori fratture. Spesso, tuttavia, i pazienti non ricevono né un corretto inquadramento diagnostico, né un adeguato trattamento farmacologico tanto che una consistente porzione di individui dopo un anno dalla diagnosi di frattura da fragilità presenta un’aderenza alla terapia non superiore al 50%. Per questo è importante che gli stessi pazienti conoscano l’effettivo rischio di rifrattura in modo da migliorare l’aderenza al trattamento”.
Per maggiori informazioni: SIOT
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