Presentato il Numero Verde di utilità sociale per l’utenza femminile dai presidenti donne delle Società Scientifiche affiliate alla FISM
“La Presidente del Senato Elisabetta Casellati, a Palazzo Giustiniani riceverà le 6 presidenti donne delle Società Scientifiche affiliate alla FISM (Federazione Italiana Società Medico-Scientifiche) per discutere della situazione delle donne-medico italiane e delle loro difficoltà acuite dall’emergenza pandemica”, così in una nota della Società Scientifica Medicina di Famiglia e Comunità – (ASSIMEFAC) di ieri 27 Aprile.
La delegazione è composta da: dott.ssa Vincenza Palermo (presidente Società Medici Legali Aziende Sanitarie), dott.ssa Nunzia Pia Placentino (Presidente Società Scientifica Medicina di Famiglia e Comunità -ASSIMEFAC), prof.ssa Giovanna Spatari (Presidente Società Italiana Medicina del Lavoro), prof.ssa Annarita Vestri (Presidente Società Italiana Statistica Medica ed Epidemiologia Clinica), dott.ssa Antonella Vezzani (Presidente Associazione Italiana Donne Medico), dott.ssa Elsa Viora, (Presidente Ostetrici Ginecologi Ospedalieri).
L’incontro, che ha visto presentare al Presidente Casellati il Numero Verde di utilità sociale, un servizio istituito per fornire all’utenza femminile – attraverso le risposte di 100 donne medico volontarie di diverse specialità – informazioni e consigli sulla salute, sia su aspetti inerenti la situazione pandemica, sia per le diverse esigenze di salute.
Nunzia Placentino, Presidente della Società Scientifica Medicina di Famiglia e Comunità (ASSIMEFAC) a nome della sua associazione contribuirà alla discussione con un contributo in merito alla tutela della maternità che è un principio fondamentale sancito dall’art. 37 della Costituzione della Repubblica Italiana.
La donna, si legge nel contributo di Nunzia Placentino, unitamente all’attività lavorativa, può svolgere anche funzioni familiari ed in particolare la funzione di madre, pertanto, lo stesso costituente ha disposto che il legislatore debba riconoscerle condizioni di lavoro tali che la pongano in grado di adempiere anche le dette funzioni.
Ad oggi i medici donne che lavorano in regime di convenzione col SSN, come i Medici di famiglia, non godono di una reale tutela della maternità, trattandosi di fatto di un periodo di assenza dal lavoro “giustificata”, e con oneri organizzativi ed economici a proprio carico. Nello specifico, la tutela della maternità in Italia viene negata a circa 44 mila donne medico convenzionate. Un esercito di donne che lavora giorno e notte sulle ambulanze del 118, come medico o pediatra di famiglia, specialiste ambulatoriali o nelle sedi di Continuità Assistenziale. L’unica forma di tutela è l’indennità Enpam, con un importo corrispondente all’80 per cento di 5/12 del reddito professionale che l’iscritta ha denunciato ai fini fiscali nel secondo anno precedente alla data del parto.
Col nuovo Accordo Collettivo Nazionale , vi sono anche disparità di riconoscimento del punteggio di anzianità lavorativa ai fini dell’inserimento nella graduatoria unica regionale per la medicina generale , per le donne che hanno avuto diagnosi di gravidanza a rischio e che sono state costrette ad astenersi dal lavoro fin dalla primissima epoca gestazionale. A queste lavoratrici il punteggio relativo all’astensione lavorativa della gravidanza a rischio, quindi il punteggio relativo al periodo antecedente i cinque mesi di astensione obbligatoria, in alcune Regioni, come la Puglia, non viene riconosciuto. È una realtà, questa, di una gravità inaudita, che pone la donna medico in gravidanza in una situazione di difficoltà e discriminazione inaccettabili nel contesto di una società civile.
Urge la predisposizione di specifiche tutele per le donne medico in stato di gravidanza, al fine di rendere compatibili il lavoro e lo stato di gravidanza e puerperio, così da rendere possibile la coesistenza della funzione familiare e della condizione lavorativa.
La donna medico in gravidanza , a maggior ragione se con diagnosi di gravidanza a rischio, deve aver diritto alla sostituzione immediata da parte dell’azienda sanitaria locale, senza decurtazioni economiche e con oneri gestionali ed organizzativi a carico dell’azienda.
Pianificando congedi parentali e periodi di riposo nel primo anno di vita del figlio, inoltre, diventerebbe possibile gestire con tranquillità questa parte essenziale della cura del bambino facendo convivere lavoro e genitorialità. Ad oggi tutto ciò per le donne medico convenzionate col SSN è impensabile ed impossibile.
La garanzia di questi diritti anche alle Donne Medico, oltre che doverosa, sarebbe altresì una grande dimostrazione di sensibilità , nell’ottica più ampia di una reale tutela della famiglia.
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