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Protagoniste: intervista a Caterina Shulha dal 12 aprile su Sky con Il Re

Protagoniste: intervista a Caterina Shulha dal 12 aprile su Sky con Il Re
Photo credits Andrea Pirrello | Courtesy of Sky Italia

Dal 12 aprile su Sky e Now troviamo Caterina Shulha nei panni di Claudia Agosti, avvocata new entry nella seconda stagione del prison drama Sky Original Il Re con protagonista Luca Zingaretti. Non è certo l’unico progetto che l’attrice di origini bielorusse porta avanti. Ha infatti da poco debuttato alla regia del suo primo docufilm Insultati. Bielorussia, presentato al Taormina Film Festival ed al Trieste Film Festival, dove ha coinvolto amici attori come Luca Argentero, Carla Signoris, Stefano Fresi e Ambra Angiolini.

Arrivata in Italia a 12 anni, ha prestissimo iniziato a dedicarsi alla recitazione e non si è più fermata. Nonostante gli impegni di carriera costanti, Shulha è anche mamma di 3 figli, un bimbo e due gemelline e anche con le due gravidanze, non ha mai smesso di lavorare: o durante o subito dopo, era sul set.

In occasione dell’arrivo de Il Re su Sky, a Pink Society Caterina ha raccontato l’esperienza in questa serie in un ruolo non scontato e fuori dagli stereotipi per poi approfondire lo sguardo sul suo lavoro, la parentesi da regista e il suo essere mamma.

Come sei approdata a questa serie?

È stato un percorso lungo ma di grande soddisfazione perché il regista Giuseppe Gagliardi non lo conoscevo di persona, non c’avevo mai lavorato e l’avevo conosciuto in occasione di un provino per la prima stagione. Poi per vari motivi non è andato in porto e sono stata felicissima quando mi ha richiamato per un altro ruolo nella seconda stagione perché volevamo assolutamente lavorare insieme. Abbiamo fatto sin dai provini un lavoro molto bello sul personaggio ed è stato molto bello incontrare Luca Zingaretti ad uno degli ultimi provini che ho fatto ed è stato anche molto soddisfacente. Ringrazierò sempre Giuseppe perché ha avuto molto coraggio a dare un personaggio di un’avvocata così forte e indipendente ad un physique du rôle che non sempre viene chiamato per questi ruoli. Io sono spesso chiamata per fare, non so, la moglie e la fidanzata, un po’ mancano i ruoli scritti in Italia e mancano coraggio alle produzioni di uscire dagli schemi. Nel mio caso, il mio personaggio Claudia Agosti abbatte lo stereotipo di una che è solo carina perché è anche brava, è una che si fa rispettare nonostante magari dall’aspetto fisico possa sembrare fragile angelica e delicata. È una che la vedi così però quando apre la bocca si fa rispettare subito e non si fa abbassare di livello o sottomettere da chi incontra. E questo è stato molto bello e di grande responsabilità per me perché entravo a gambatesa in un progetto in seconda stagione, all’interno di un gruppo già affiatato sia di Crew che di cast e non c’è stata quest’ansia di arrivare o rientrare negli schemi di un progetto già consolidato.. Poi è stata anche una bella sfida e sono stata aiutata anche molto da Luca e da Giuseppe soprattutto su questa cosa che dicevamo prima, del godersi le scene, poterle rifare tante volte e rappresentarle come nella vita quando, prima di rispondere, magari qualche secondo lo passi a pensare. Bellissimo poterlo applicare quando fai un personaggio perché spesso noi siamo travolti dalle tempistiche della serialità, dei set super veloci quindi poter fare una cosa del genere è un premio, un regalo meraviglioso.

Photo credits Andrea Pirrello | Courtesy of Sky Italia

Ci sono delle similitudini tra te e il tuo personaggio Claudia Agosti?

Ho sempre combattuto gli stereotipi nella vita e l’ho anche dimostrato nella mia carriera. Quando mi presentavano per progetti che volevo e non era per loro fondamentale cambiarmi nell’aspetto fisico, sono sempre stata io la prima a chiedere di cambiarmi, nel colore o taglio di capelli per esempio. Se in questo lavoro non ti diverti poi puoi anche cambiarlo e fare il pizzaiolo perché se ne perde il senso e la bellezza. Io come Claudia ho sempre combattuto perché sì, ho la faccia pulita, biondina, carina però so anche dire le battute. Bisognerebbe prendere più coraggio nel scrivere dei ruoli diversi e quando si cerca un profilo, di non richiamare sempre lo stesso tipo di attore che si è abituati a usare ma magari chiamare qualcuno che non c’entra niente fisicamente e cambiarlo. Fare un po’ come fanno gli americani per i quali, guarda caso, questo è sempre l’aspetto vincente. Qualcosa ci avranno insegnato, no? In tal senso, il regista Giuseppe Gagliardi e la produzione de Il Re sono stati bravissimi.

Come descriveresti Caterina oggi?

La descriverei più rilassata e questa è una cosa che mi dissero quando stavo per partorire il primo figlio: una volta diventata mamma, senza togliere nulla a chi ha scelto di non diventarlo, è arrivata una grandissima serenità. Cinque anni fa, in una giornata come questa dove dovevo parlare con 30 giornalisti, mi agitavo, mi sentivo così ansiosa e fragile. Adesso me la godo e basta perché tanto una volta che ho affrontato delle robe molto più complicate e pesanti (perché insomma una delle due gravidanze è stata anche abbastanza complicata) c’è solo da divertirsi. Questa serenità mi permette di godermi più le cose, prima non lo facevo, ero agitata e non mi riconoscevo neanche il merito di aver fatto un progetto.

C’è anche una Caterina regista, hai realizzato Insultati. Bielorussia.

Ultimamente mi chiedono se ho in mente di continuare a fare la regista ma non credo di essere ancora pronta per fare un percorso registico perché vedo come aspetto positivo l’avere ancora da camminare tanto prima di poter offrire qualcosa da quel punto di vista. Mi sono trovata per questo progetto a doverlo portare a termine anche da regista, perché insomma, mi sentivo la persona più adatta in Italia, essendo Bielorussa e molto legata alla causa. L’ho fatto ma più con uno spirito di collaborazione tra tutti e anche tutto il resto degli attori che sono presenti nel cast. È stata bella questa collaborazione tra colleghi che abbiamo avuto ed è stato più quello che la scelta di diventare regista. Sono abbastanza serena a non farmi prendere da questa cosa che in alcuni casi invece diventa una scelta. Vedi, ad esempio Micaela Ramazzotti che è uscita con Felicità, è arrivata credo ad un punto in cui c’era proprio l’esigenza di esprimersi come regista perché lei è tra le migliori attrici che abbiamo in Italia e immagino che avendo tantissimo da raccontare, non le sia bastato più farlo come attrice ma abbia tanto da offrire come regista. Io a questo punto ancora non ci sono arrivata ma è bello vederlo negli altri quando funziona.

Hai notato un cambiamento vero nel modo in cui viene trattata la maternità in Italia? o va solo di moda?

Può andare di moda quello che ti pare ma le teste se rimangono quelle a volte spesso è ancora complicato. Se devo essere sincera, se inizio un progetto, spero sia chiaro che sono anche la mamma di tre bambini e ho l’esigenza, per esempio, di tornare il sabato e ripartire la domenica. Spesso sono stata anche fortunata quindi dove non c’era ancora questa moda le teste c’erano e quindi c’era della comprensione. A volte però non c’è una sensibilità ben precisa su questo aspetto in sé, anche se è anche vero che sei tu a dover iniziare a importi. Nella mia agenzia e con i miei agenti che mi conoscono da 14 anni ormai mi chiedono se devono sempre se prima di firmare il contratto, devono comunicare le mie date “off” che normalmente sono i compleanni dei miei figli, le due date in cui, anche se stessi girando un film di Spielberg in Alaska, io dovrei rientrare. Io sono abituata a tornare a casa il sabato sera e ripartire la domenica pomeriggio, l’ho sempre e va bene così. Le mie priorità sono cambiate e devi essere tu ad insegnare agli altri quali sono le tue priorità.

Photo credit: Simona Panzini

In termini di parità e di genere senti che qualcosa è cambiato nel mondo del cinema?

Dal punto di vista tecnico sì nel senso che adesso ci sono inziative del tipo “il bando per le registe donne” però a volte a me pesa e mi stufa anche dover dire ‘più progetti per registe’, fare distinzione tra regista uomo e donna. Purtroppo se facciamo dei sondaggi gli uomini sono di più ma solo perché vengono presentati meno progetti da parte di donne. Spero che ormai però dipenda ormai dal prodotto che hai davanti, indipendentemente dal fatto che tu sia uomo o donna, credo sia ormai una domanda secondaria. Per me noi donne siamo talmente forti che non abbiamo più bisogno che qualcuno specifichi che ha fatto qualcosa in più per noi. Ammettere di averne bisogno è come ammettere di essere separati o un gradino più giù. Per me siamo tutti allo stesso livello.